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Arriva un vaccino anti-diabete
per i bambini più a rischio?

I dati di uno studio clinico chiamato Pre-POINT, pubblicati nei giorni scorsi su JAMA, fanno sperare che si possa arrivare alla prevenzione del diabete di tipo 1, quello autoimmune, grazie all’induzione di una tolleranza immunologica, con un approccio simile a quello che si mette in campo quando si assumono vaccini per prevenire le allergie.

Un team internazionale di diabetologi europei e americani ha infatti condotto, tra il 2009 e il 2013, una sperimentazione nell’ambito della quale ha somministrato, a 25 bambini di età compresa tra i 2 e i 7 anni, tutti senza segni di diabete, ma provenienti da famiglie a rischio genetico, dosi diverse e quotidiane di insulina per via orale, oppure di un placebo, per alcuni mesi (da tre a uno, a seconda dei casi). I ricercatori sono poi andati a verificare che cosa era successo attraverso la misurazione di tre parametri che definiscono la presenza di una risposta autoimmune verso l’insulina e le isole pancreatiche che la producono, prima tappa del diabete di tipo 1 (in termine tecnico, i dosaggi delle immunoglobuline G e A e il tasso di proliferazione dei linfociti CD4+ in risposta all’insulina). Pur con differenze nelle risposte ai diversi dosaggi, la "protezione" contro il diabete di tipo 1 appare possibile e, soprattutto, non sembra provocare effetti collaterali gravi, che non sono mai stati registrati, in tutto il periodo di osservazione: nessun caso di ipoglicemia, nessuna risposta allergica (cioè - come si dice in gergo - mediata da immunoglobuline E) all’insulina assunta, nessun autoanticorpo tipico del diabete 1.

E’ presto per trarre conclusioni – hanno sottolineato gli autori, coordinati da Ezio Bonifacio, del DFG Center for Regenerative Therapies (Forschungszentrum für Regenerative Therapien) di Dresda, in Germania, ma ci sono elementi sufficienti per condurre uno studio clinico di fase III, cioè su un gruppo molto più ampio di bambini a rischio.

 

A.C.
Data ultimo aggiornamento 24 aprile 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: diabete di tipo 1, immunoglobuline A, insulina, vaccino



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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